Il segreto di Antonio Franza

Il più grande segreto dell'arte e' la sua origine, e non solo in senso generale, ma anche per quanto riguarda le singole opere. E se nella "grande" arte, o quella "elevata", si può parlare di radici, influssi, scuole ecc., quando guardiamo all'arte decorativa artigianale finiamo proprio in un vicolo cieco.

A Bovino c'è una certa quantità di opere d'arte di vario genere, compresa l'arte figurativa. Ciò che più di tutto attira l'attenzione, in una città ricca di storia e personaggi descritti in molte opere letterarie, sono le imposte delle finestre e dei balconi, molto varie e raramente uguali tra loro, che rappresentano una nota ricchezza stilistica: si trovano cavallucci marini, due romani ben nutriti che navigano in barca, dei monogrammi, ornamenti geometrici e vegetali. Oltre al fatto che tra essi ci sono alcuni esemplari di grande eleganza, sarebbe difficile attendersi da questo tipo di arte pratica e decorativa un significato particolarmente profondo o filosofico, tantomeno intuizioni religiose.

In questo contesto appare assolutamente imprevedibile l'opera di Antonio Franza (1925-2009), anche se egli stesso lavorava il metallo. Egli proviene da una delle più antiche famiglie della città: nei libri parrocchiali del XVI secolo troviamo già un "mastro Franza". Nato e cresciuto a Bovino, un uomo semplice dal carattere difficile, anche se leggeva molto era tuttavia di formazione assai approssimativa, credente, ma ben lontano dalle dispute teologiche, egli ha lasciato un'eredità sorprendente.

La maggior parte dei suoi lavori sono piuttosto tradizionali: si tratta di lampadari, portalampada, oggetti di mobilio, pannelli e altri. Molti di essi sono raffinati e perfino sorprendenti, soprattutto per quanto riguarda quelle opere nelle quali il metallo si associa a dei materiali naturali, frutti, noci, semi. Ci sono anche piccole sculture, per esempio un cavaliere con un personaggio a piedi accanto a lui.

Due opere di Antonio Franza si distinguono nettamente dalle altre.

La prima di esse e' un piccolo crocifisso da tavolo, donato dal maestro al parroco don Stefano Caprio.

Come e' noto, i crocifissi si dividono in due gruppi. Del primo, più numeroso, fanno parte i crocifissi che rappresentano la sofferenza di Cristo in croce, con la fascia sui fianchime la corona di spine sulla testa, appeso alla croce con espressione di sofferenza sul volto. Il secondo gruppo e' assai meno diffuso: sono i cosiddetti crocifissi in tunica o del Santo Volto. Anche se questi crocifissi sono conosciuti dai tempi antichi, ne esistono molto pochi. Praticamente si può parlare di un affresco sinatico, e di un crocifisso di legno a Lucca con alcune imitazioni. Si tratta per lo più di XII secolo. La caratteristica principale e' che Cristo veste la tunica, senza la corona di spine, non pende dalla croce, ma in un certo senso vi si appoggia e allarga le braccia, preparandosi all'Ascensione. L'interpretazione di questa immagine e' piuttosto complessa, in verità ce ne sono due: secondo la prima, abbiamo qui la sovrapposizione di diverse tappe cronologiche, quella di Gesù prima della crocifissione in tunica e senza corona (la tunica, come noto, fu presa in seguito dai soldati - Gv 19,23), di Gesù crocifisso e della sua Ascensione. Nella seconda interpretazione, si tratta dell'immagine non di Cristo, ma dello spirito da lui emesso in croce (Mt 27,50, Mc 15,39).

Come abbiamo già detto, e' un tipo di crocifissione molto raro. A Bovino e' conosciuto solo in un medaglione ritrovato nella cripta della Cattedrale, dopo la morte di Antonio Franza.

Il crocifisso della chiesa di s. Maria di Costantinopoli, oggi conservato nella Cattedrale, appartiene al primo gruppo (la sua importanza si comprenderà in seguito). E tuttavia il crocifisso da tavolo di Antonio Franza e' il Santo Volto che non pende dalla croce, ma si appoggia con i piedi sulla traversa e apre le braccia, preparandosi all'Ascensione. La raffigurazione pende verso la seconda interpretazione per due elementi: la croce stessa e' "senza corpo", e' messa solo di profilo e ad essa e' chiaramente impossibile inchiodare alcunché, e Cristo e' privo di barba, il che non corrisponde all'iconografia, mentre da nessuna parte si parla della barba dello spirito. La corona di spine e' in qualche modo indicata, ma si tratta più facilmente di un'aureola, le ipotetiche spine infatti sembrano decisamente troppo lunghe. Da dove può essere sorta questa immagine per il maestro di Bovino?

La seconda opera di Antonio Franza, di ben più grandi dimensioni, e' un'edicola dedicata a Maria di Costantinopoli, collocata all'ingresso di Bovino. Qui sorgeva prima la chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, presso la quale Antonio si riposava da ragazzo, ritornando a meta' giornata a casa per la via montuosa. La chiesa fu in seguito distrutta, e Franza creo' la sua edicola.

Essa rappresenta un trittico, o piuttosto un'icona composita con la Vergine Maria al centro, il crocifisso alla sua destra e Cristo Re alla sinistra. Già la stessa composizione e' piuttosto significativa: Maria si trova in mezzo alla crocifissione, cioè la fine della prima manifestazione, e Cristo Re, vale a dire l'inizio della sua seconda venuta. E' curioso che così avvenga veramente: dopo l'Ascensione di Cristo, con gli uomini comunica soprattutto la sua Madre, del che attestano le numerose apparizioni mariane a fronte delle quasi assenti apparizioni di Cristo. E anche questa e' una costruzione perfettamente giustificata teologicamente.

Peraltro, ogni singolo elemento del trittico porta in se' un significato spirituale. Cominciamo da Cristo Re. Egli e' raffigurato in abito regale, con una lunga tunica ornata di fiori. Sul petto e' raffigurato il cuore con la croce. E' curioso che Cristo Re non regga in mano alcun simbolo del potere regale, ne' lo scettro, ne' il globo, ne' il Vangelo. Il volto di Gesù e' molto differente da quello del Buon Pastore: e' il Cristo venuto a giudicare i vivi e i morti. Questo volto e' assai più vicino ai volti severi delle icone, rispetto alla tradizione occidentale. Noi non sappiamo nulla sulla devozione o semplicemente la diffusione delle icone a Bovino, e tuttavia nella regione in generale tale devozione e' testimoniata, anche s e non nella variante di Cristo Re. Notiamo anche la presenza della barba, a differenza del crocifisso da tavolo. La testa di Cristo Re e' coronata da una specie di copricapo, a prima vista simile a quello di un capo indiano. Quindi appare chiaro che non si tratta di una corona, ma di fulmini provenienti da un punto centrale. Nella Bibbia fulmini si ricordano molte volte, in particolare essi accompagnano la manifestazione di adio nel libro dell'Esodo (19,16-20,18). Più interessante la presenza dei fulmini nell'Apocalisse di s. Giovanni: "Dal trono uscivano fulmini e tuoni e suoni" (4,5), "E l'Angelo prese l'incensiere e lo riempi' di fuoco dall'altare e lo getto' sulla terra; e ne derivarono voci e tuoni, e fulmini e terremoti" (8,5), "E si apri' il tempio di Dio in cielo, e apparve l'arca dell'alleanza nel Suo tempio: e provennero suoni e fulmini..." (11,19). Proprio così deve apparire Cristo Re, venuto a giudicare i vivi e i morti, nella rappresentazione di Antonio Franza.

La crocifissione alla destra della Vergine Maria nell'insieme si distingue dal crocifisso da tavolo di Antonio Franza: Cristo con la corona di spine in testa e' appeso alla croce, anche se la corona di spine appare più un diadema. Cristo ha la barba. Non vi e' traccia della tunica, ma al posto della fascia sui fianchi noi vediamo una cintura con lunghe frange. Accanto a lui stanno due donne in abiti fino alle ginocchia e i capelli raccolti in trecce. E sotto la croce due figure inattese: un pellegrino e un cavaliere. Il cavaliere si china in ginocchio sia alla croce che al pellegrino, che sta in piedi.

Va detto che anche questa iconografia non e' particolarmente diffusa ed e' di regola legata a concreti soggetti storici o leggendari. Non vi sono al riguardo particolari leggende cittadine, ne' vi sono testimonianze della loro esistenza in precedenza.

La storia di Bovino fino ad oggi conosce poco di cavalieri e pellegrini. Si incontrano testimonianze in alcuni libri storici circa l'esistenza in città di una casa per l'accoglienza d pellegrini, che si recavano al santuario di S. Michele arcangelo sul Gargano, ma solo di recente si e' cominciato a parlare della presenza qui dei cavalieri dell'ordine di Calatrava, dopo la creazione dell'edicola stessa. Di nuovo ci imbattiamo con una visione non condizionata da immagini evidenti della realtà nella quale visse e lavoro' Antonio Franza.

La figura centrale del trittico e' Santa Maria di Costantinopoli. Nell'Italia meridionale il culto di Santa Maria di Costantinopoli era molto diffuso, ma e' interessante notare che in molti casi esso era completamente staccato dalla famosa icona. E' curioso, poiché, come appare evidente, la definizione di "Costantinopolitana" si riferisce proprio alla raffigurazione e non al personaggio.

La devozione a Maria di Costantinopoli e' passata attraverso tre tappe, e ad ogni tappa corrisponde un particolare tipo di raffigurazione.

Si ritiene che l'evangelista Luca abbia raffigurato la Madonna a figura intera su una parete a Lidda. Quindi San Germano ordino' di riportare la figura sopra una tavola, che porto' a Costantinopoli, dove fu eletto patriarca. Nel periodo dell'iconoclasmo, l'immagine fu ridotta, e la sua copia in questa forma raggiunse l'Italia meridionale. A questa tappa sull'icona sono rappresentati la Madonna col Bambino. L'icona era venerata in molte città della Puglia (Bari, Acquaviva delle Fonti), Abruzzo e Molise (Ortona и Portocannone), Campania (Ischia, Terranova и Felitto).

Tuttavia, la devozione più diffusa, specialmente nelle chiese di Siciliame Sardegna, e' quella dell'immagine della Madre di Dio con il Bambino in una culla, portata a spalla da due monaci. In lontananza si vede Costantinopoli in fiamme. Questo tipo di icona e' legato alla storia del "viaggio" dell'icona e alla leggenda del suo arrivo in Italia meridionale. Nel 1261 il re di Costantinopoli Balduino II, costretto a fuggire dalla città sopra una nave veneziana, porto' con se' una parte dell'icona, e precisamente la raffigurazione del capo della Madonna. Un frammenti sarebbe in seguito stato donato alla nipote, Caterina di Valois, moglie di Filippo d’Angiò, principe di Taranto e figlio di Carlo II d’Angiò, re di Napoli. Nel 1310 Caterina offri' l'icona al monastero di Montevergine. Sulle copie di questa parte dell'icona, al centro dell'immagine, sono stati aggiunti dei dettagli leggendari, la città in fiamme e i monaci.

La terza tappa della devozione a Santa Maria di Costantinopoli e' legata ad eventi più tardivi, in particolare con l'apparizione di santa Maria di Costantinopoli a Napoli nel 1529.

Napoli anche in precedenza era il centro della devozione a Santa Maria di Costantinopoli. Il cronista Gregorio Rocco scrisse che "il 1528 fu l'anno più infausto in tutta Italia, ma soprattutto nel nostro regno di Napoli, poiché qui si abbatterono tre castighi divini: la guerra, la peste e la fame". In quel periodo il re di Francia, Francesco I, invio' in Italia l'esercito di Lautrec, che si mosse verso Anapoli, sapendo delle miserevoli condizioni della città. Ma la peste decimava anche le armate di Lautrec. I resti dell'esercito francese furono definitivamente distrutti l'8 settembre 1528, nella festa della Natività della Vergine. L'epidemia duro' fino all'inizio del 1529. Il cronista Rocco scrive: "In giugno del 1529, nel terzo giorno della Pasqua Rosa (martedì dopo la Pentecoste), venne trovata presso le mura della città di Napoli un'icona della Santissima Madre di Dio. Il Lugo dove si trovava fu indicata da una vecchietta, alla quale la Madonna aveva promesso la fine dell'epidemia, come infatti avvenne. La Vergine di Costantinopoli aveva liberato Napoli non solo dalla peste, ma anche dalla guerra..."

La figura della Madre di Dio ritrovata dalla vecchietta era chiaramente di stile bizantino, composta su una tavola di marmo da un pittore napoletano della fine del XV secolo. In alto due angeli sorreggono una tenda verde, sullo sfondo della quale e' rappresentata Santa Maria tra san Giovanni il Battista e San Giovanni evangelista. In basso due angeli inginocchiati gonfiano le nuvole che dividono l'apparizione celeste dal panorama di Costantinopoli in fiamme; sulla città due angioletti versano acqua da due anfore.

Santa Maria di Costantinopoli e' protettrice delle questioni familiari e soprattutto delle donne vittime della violenza dei mariti o dei parenti. E questa immagine e' molto lontana da quella composta da Antonio Franza.

Nella chiesa bovinese di Santa Maria di Costantinopoli si venerava un quadro, a tutt'oggi esistente, della tappa napoletana del culto. La Santa Maria di Costantinopoli di Antonio Franza si riferisce chiaramente alla prima tappa, anche se in verità e' senza il Bambino. L'unico parallelo, piuttosto strano, e' che l'immagine napoletana di Maria di Costantinopoli e' situata un mezzo a due Giovanni, il Battista e l'Evangelista, e la Madonna di Antonio Franza e' tra due Gesù, crocifisso e risorto. Il volto tipicamente iconico di Maria e' scuro e austero. Sul capo si trova una corona di lingue di fuoco. Perché l'immaginazione di un uomo abituato a venerare una Madonna bianca dal corpo florido, che osserva il mondo terrestre da una nuvola, ha generato un'immagine così poco simile, per non dire completamente all'opposto di essa?

La cupola in vetro, sotto la quale e' collocata la figura di Maria, fa da corona a un'altra crocifissione, molto più simile alla variante da tavolo. Si tratta pure di un crocifisso in tunica e senza barba. Il volto lunare e' tranquillo e pacificato.

Certo, nel trittico vi sono anche fiori ed elementi vegetali, che tuttavia non offuscano le immagini principali.

E' interessante che pur con tutta la severità delle immagini del trittico, sia Cristo Re che la Vergine Maria che il Crocifisso, esso non incute timore e non richiama alla penitenza. In queste immagini si sente una potente energia, che genera, si direbbe, una strana associazione: dura lex, sed lex. E questo il qualche modo tranquillizza molto di più di certe immagini misericordiose e amorose del Figlio e della Madre. Sul Cristo e sulla Madonna di Antonio Franza si può fare affidamento.