Passiflora

PASSIFLORA

1. La mattina di primavera

La ragazza si svegliò e gettò uno sguardo all'orologio. Poltrirebbe ancora un po' nel letto, però era tempo di prepararsi se non voleva ritardare. E lei non lo voleva. Un cappuccino, un panino, la borsa preparata in anticipo, le scarpette eleganti, le chiavi. L'impazienza l'affrettava, tuttavia lei si fermò per un attimo davanti alla vista aperta dalla sua casa, che sembrava abituata. Cercava di contare tutte le sfumature di verde con le quali la primavera colorò le coline e la valle, ma presto si confonde nel conto. La ragazza guardò indietro al suo giardinetto, dove le gemme già mostravano le lingue delle foglie. E poi quasi correva battendo dai tacchi l'aria allegra, però davanti alla piazza rallentò il passo. Non valeva la pena di apparire là essendo molto trafelata, anche non era bisogno che qualcuno avrebbe indovinato come lei aveva fretta.

Quest'ora di prima mattina la città era singolarmente calma, mite e indaffarata; tutti i passanti ancora non spianati dal sonno si salutavano con le voci rauche nel dormiveglia. Il sole passò le pennellate di color oro e rosa sulle mura bianche delle case del borgo antico, dove questi per chi non c'era premura, pacificamente vedevano fino alla fine i leggeri sogni mattutini.

Uffa! Di nuovo è venuta troppo presto. O forse troppo tardi? Per un attimo si è sentita un tuffo al cuore. Ma no, restano ancora un paio di minuti e dovrà escogitare una scusa per fermarsi sulla piazza. In quell'istante la porta si fu spalancata con il battito e da dietro apparse il ragazzo. Dalla sorpresa la borsa della ragazza cadde come il cacio sui maccheroni e i vividi ninnoli cominciano a saltare sulle pietre. Lei si mette a raccoglierli. Un paio delle bagattelle raccattò anche il ragazzo, gliele porge e le loro mani si toccano...

A lei piaceva tutto di lui: gli occhi di color gemme primaverili, moderatamente intagliati lineamenti e perfino il giovanilmente sottile collo che in modo commovente spuntava dal colletto troppo largo della sua camicia nera.

Lo ringraziò e lui andò via con l'andatura leggera e silenziosa. É ora che anche lei va all'università e poi alla biblioteca. Davanti era il giorno intenso, ma questo è un nonnulla, adesso tutto era nelle sue forze.

Nell'autobus la ragazza sede vicino alla finestra stringendo la mano alla guancia. Le sembrava che la mano conservò il profumo fine dello sfioramento. Certamente era soltanto una fantasia, o meglio un sogno...

Pensava che presto lascerà questa città per sempre, partirà via da questi occhi, da questa voce. Si sprofonderà nel lavoro, farà le nuove conoscenze e poi, chi lo sa, forse la vita ancora si metterà bene...

Nella valle la primavera era già nel pieno. I fiori dietro il finestrino — bianchi, color rosa, violetto scuri, gialli — si uniscono nel nastro variopinto. La ragazza sembrava a se stessa un fiore, però non sapeva il quale. Sicuramente non era una rosa, ma anche non un ranuncolo. Avreste voluto essere una passiflora bianca con sottili malinconiche venature di color lilla, invece proprio una passione lei non trovava in se. E anche negli altri non la invogliava...

Tornò a pensare della sua partenza. Un velo di malinconia non rattristava molto le sue meditazioni – davanti era la vita che sempre ha qualcosa di buono. Lei partirà, lei deve farlo, così sarà giusto. E una cosa giusta non può essere cattiva. Però nella sua testa si creò da se una poesia:

Il mio cammino della vita è una tristezza:

Incontrerò i molti, dimenticherò i molti,

Però tra il giorno passato

soltanto queste ciglia

sognerò in eterno

come le ali di un tenero uccello...

E queste parole ancora continuavano a suonare nel suo cuore con accompagnamento del battito delle ruote quando tra alcuni giorni il treno la portava in lontananza.

2. Il tramonto d'estate

La donna andava a casa al tramonto del sole, quando spiccava la porpora del cielo e sul suo sfondo nereggiavano le montagne. La cima di una delle montagne era circondata dalle luci già accese dei lampioni e delle finestre: era come una corona reale o quella di spine o forse un'aureola. Che cosa l'aspetta nella città natale? Il suo ritorno diventerà per lei una corona di spine o un'aureola? O forse tutto insieme?..

La via che portava alla sua trovata di nuovo casa era troppo stretta per la macchina, e la donna doveva trascinare le valigie a mano sulla salita ripida. Fece un sorriso triste: non è Calvario certamente, però assomiglia... L'inquietudine l'invase di nuovo. Come incontreranno lei, la figlia prodiga, dopo tanti anni passati in lontananza, dopo così lunga vita a regola ben diversa? Con rimprovero? Con gioia maligna? Passeranno davanti con indifferenza? La città l'accoglierà? E lei l'accoglierà?.. Ma prima o poi ugualmente dovranno incontrarsi, e lei decidendosi a non rimandare cominciò a prepararsi per andare alla messa. Non aveva nessuna voglia di cambiarsi, però perchè stupire gli abitanti di questo piacevole borgo; tutto sorprendente li amareggia non si inserisce bene nello schema una volta per sempre depositato nelle teste...

La donna volutamente viene con un po' di ritardo e sedesse sull'orlo dell'ultima panca. Con lieve sorpresa intercettò il suo pensiero che caso mai da qui sarà più facile uscire senza farsi notare. «è interessante, che caso sarebbe?» - chiede se stessa e non rischiò di rispondere. Però non succedesse niente che richiederebbe una fuga, forse solo il cuore batteva fortemente quando lei andava alla comunione. Lieve contatto delle mani, lieve brivido, lieve profumo... O, Signore!..

Sembrava, che sulla piazza davanti alla cattedrale passava una serata di gala: gli uomini si sono divisi in gruppi e discutevano qualcosa animatamente, ridevano, dibattevano. La donna ricordava bene questo “religioso rito”: la chiacchierata dopo la messa. Indugiò un po' accanto al portale e quasi socchiudendo gli occhi fece un passo come dal precipizio.

La gente si voltò verso la donna, riconoscendola. Provò la gioia. I baci, i pizzicotti per i guance (oh, che lividi rimanevano un tempo dalle zampe da uccelli delle suore del posto!), le domande molto cortesi. Aveva paura infondatamente.

La donna sentì dalla schiena la sua apparizione sulla piazza e mollò, guardò indietro. «Che bene che sei tornata!» - «Per chi è bene?» - le è sfuggito. «Per tutti.» - «Anche per te?» - «Certamente!» - sorridesse e si girò agli altri. Inutilmente la sua anima le fece un tuffo: il simile sorriso era destinata ai tutti. «è un'abitudine professionale», - pensa con l'amara ironia. Però non sentiva il dolore: lo già sfogò tutto con le lacrime durante i lunghi anni di distacco. Sfogò e capì tutto di se stessa e di lui.

Gradualmente sulla piazza restarono solo i vecchi che occuparono le panche in ombra. La donna si avvicinò a loro meravigliandosi che sono cambiati così poco. È strano: la giovinezza passa, anche la maturità finisce e solo la vecchiaia resta con te fino alla fine...

In nessun modo non aspettava che i vecchi cominciarono a parlare con lei così rispettosamente. Per di più, le sembrava, che loro perfino sono fieri di lei, benchè per l'ordine brontolarono qualcosa del genere: «Su,.. macchè,.. sì,.. tu, ecco!» Li capì: malgrado i suoi successi professionali lei ha bisogno delle istruzioni e loro hanno che insegnarle. Per ora non sapevano che cosa proprio, però erano pronti da aiutarle avviare la vita giusta.

Tornando alla casa lei rassicurata e perfino entusiasmata meditava che sa che cosa è «vivere giustamente», però purtroppo non sa come farlo... I lampioni illuminarono sulla mura la figura del santo che con gioia piantava la lancia in una misera bestiola qualsiasi - probabilmente un drago come di solito – ed era subito chiaro che lui fa questo in modo giusto. Non fa niente, anche lei imparerà, anche lei potrà. Potrà semplicemente vivere vicino. Riuscirà a diventare necessaria. Comunque si sforzerà.

E lei pote. Riuscì.

3. La sera d'inverno

La donna si stirò, strofinò la stanca schiena e spendesse il computer. Bisogna andare a comprare del pane. E anche le idee brillanti già penetravano con fatica nella sua testa.

Sulla ripida via camminava quatto quatto la nebbia stringendosi alle umide pietre di fiume con le quali era lastricata la strada, però sulla piazza della cattedrale era ancora sereno. La donna si faceva strada alla panetteria tra i sorrisi e amichevoli saluti rispondendoli quasi sinceramente. Davanti alla porta della merceria stava Gina. Piccola e graziosa lei agitò la mano: «Come va?» - «Tutto bene». Oggi questo non è vero, però la donna non voleva rovinare l'umore della sua amica con l'inutile preoccupazione. In generale l'uomo educato è quello che rispondendo alla domanda «Come va?», non racconta come va. La donna era ben educata.

Nella panetteria c'era l'odore del calore e della comodità. La proprietaria - anche lei cicciona e fragrante come una brioche – era vivace e non sembrava assolutamente stanca dopo la lunga giornata di lavoro. Il panino da lei ricevuto si girava in modo buffo nel sacchetto al ritmo dei passi accompagnando con il fruscio il battito dei tacchi.

Sulla via di ritorno la donna fece un salto al bar. Anche lei stessa si stupiva della questa sua abitudine: il coffe a casa non era peggio, però chi sa perchè ma proprio una tazzina di bibita calda e un sorso di acqua fredda presi al bar personificavano la sua relazione con la città.

La donna non aveva voglia andare a casa e siede sulla panca davanti alla chiesa senza scopo vagando con lo sguardo per le finestre illuminanti. Pensò quasi con aria offesa e un po' con invidia come stanno bene le persone dietro. Dopo richiamò se stessa: certamente anche adesso dietro qualche finestra qualcuno è ammalato, forse perfino sta morendo, qualcuno soffre dall'amore non corrisposto, qualcuno si impiglia nei problemi. È normale, così deve essere. La donna provò gioia trovando la definizione: tutto è così come deve essere, tutto è giusto. E solo lei è errata...

In questo momento una colomba spiccò il volo dalla cattedrale e la donna involontariamente la spostò lo sguardo e poi esamino ben bene. Sembrava che la cattedrale assolutamente asimmetrica ammiccava incoraggiandola con il portale più piccolo e il leone sinistro sulla facciata sorrideva più amichevole di questo destro. Lei ammiccò e sorride in risposta: sono ambedue così errate! Cominciò a raccontare al toro sopra il portale che l'articolo non viene bene, che l'importante incontro è andato in fumo dopo quaranta minuti della noiosa attesa, che finora non arriva la risposta sulla richiesta spedita due settimane fa e che - che è pessimo – il telefono non squilla... Ma improvvisamente tutto questo le sembrò davvero una piccolezza! La donna gettò lo sguardo su una delle finestre e tirò il lieve sospiro: dietro di questa, grazie Dio, tutto bene, tutto così come deve essere. E questo alla fine è il più importante. Rannicchiandosi dalla bufera che stava cominciando lei si recò in fretta a casa.

Rientrando accende come al solito il computer e fece il tè. Dietro le finestre ululando come lupo affamato brancolava e bussava nei vetri il vento, nella stufa scoppiettava la legna e sullo schermo di televisore i politici stavano dimostrando qualcosa l'uno all'altro e a se stessi. La graffiò il rammarico che questa fredda sera nessuno ricorda di lei. Tuttavia lei ha di chi ricordare. E questo è molto bene. Tutto è giusto. Tutto così come deve essere.

E poi, cosa le lo fa pensare che nessuno ricorda di lei?..